Appena posata subito vandalizzata la lapide ricordo di Giovanni Ferrari

“….non è la rosa, non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi…”: sono questi i fiori, e la canzone, che la sezione Anpi Onorina Pesce vorrebbe fosse dedicata a Giovanni Ferrari, caduto per la libertà nel pieno dell’estate della guerra civile. 15 agosto. Anno 1944.
Non si sa se il contadino sessantenne sia stato ammazzato nel campo di meliga da militi fascisti italiani perché suo figlio è partigiano. Sappiamo anche, per voce dei nipoti, che la moglie è stata ferita sulla soglia della cascina di via Bellaria, Pavia est, nel corso del rastrellamento che inchioda la campagna al terrore.

E sappiamo anche, per voce dei nipoti, che il processo del dopoguerra, tenutosi a Milano, mandò impuniti i carnefici di Giovanni Ferrari, e che la lapide in suo nome infissa sul muro della villa antistante il campo di meliga, è stata vandalizzata due volte, nel dicembre 2019 e nel maggio 2020. Non solo, appena è stata ricollocata, dopo una lunga traversia, qualcuno l’ha imbrattata. La nuova lapide, realizzata dal Comune su richiesta di Anpi sezione Onorina Pesce, ha potuto trovato posto non nella sua collocazione originaria, permanendo il diniego della proprietà ad ospitarla sul proprio muro. E lì è stata presa di mira.

“Il giorno in cui si festeggia l’Italia libera, 25 aprile alle 11 ci troveremo in quella campagna, dove si trova la nuova lapide – commentano Annalisa Alessio e Luca Casarotti di Anpi – così come, in questi lasso di tempo, ci siamo dati appuntamento in ogni anniversario dell’assassinio, ogni 15 del mese, per testimoniare una storia di Resistenza. Lo studioso della storia della Resistenza che più ci manca, Claudio Pavone, a corollario di una intervista ebbe a scrivere tutte le morti sono uguali, ma non per questo sono uguali le ragioni per le quali si combatte e si muore. E tanto ci basta”.


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