Teleriabilitazione cognitiva grazie a Homecore

PAVIA – Un computer con un software apposito e uno specialista dall’altra parte dello schermo, che segue il paziente lasciato nella sua abitazione. La Fondazione Mondino, in collaborazione con l’Università di Pavia, ha avviato un progetto di ricerca di teleriabilitazione cognitiva per pazienti con iniziali deficit cognitivi.

L’iniziativa finanziata con i fondi di ricerca assegnati al Dementia clinical research center, diretto da Stefano Cappa, prevede il coinvolgimento dei pazienti del Centro per disturbi cognitivi e demenze (Cdcd). “Rispetto alla situazione classica in cui il paziente prendeva parte ai protocolli di riabilitazione in clinica – ha spiegato la professoressa Sara Bottiroli, neuropsicologa della Fondazione che insieme alla dottoressa Sara Benini da anni sono impegnate nella prevenzione del decadimento cognitivo -, questa riabilitazione avviene al domicilio del paziente tramite un portatile che viene fornito dalla clinica per consentire un monitoraggio a distanza”. Il servizio è rivolto a pazienti con un iniziale decadimento cognitivo che vengono coinvolti in attività di stimolazione per mantenere il più possibile le abilità residue in modo da permettere una buona qualità della vita del paziente in modo da rallentare la progressione della patologia di fronte alla limitata efficacia delle terapie farmacologiche. Per farlo Ë stato messo a punto un software costruito ad hoc, HomeCoRe (Home cognitive rehabilitation), in grado di generare esercizi personalizzati che il paziente può eseguire mediante con in pc touch screen.

“Il software è molto intuitivo – ha aggiunto Silvana Quaglini del dipartimento ingegneria industriale e dell’informazione dell’Università – e non è necessario saper usare un computer per avviare il trattamento”. Il programma si articola in tre sedute alla settimana per sei settimane complessive in cui i pazienti svolgono dei semplici esercizi che vanno ad allenare le funzioni cognitive (memoria, attenzione, ragionamento) che con l’età e la patologia potrebbero indebolirsi. “E’ un software che abbiamo già utilizzato dimostrandone l’efficacia durante le sedute in ospedale – ha proseguito Quaglini – ora la sfida è quella di portarlo nelle case dei pazienti per garantire la continuità di trattamento e raggiungere coloro che abitano distanti dalla clinica in un periodo di pandemia in cui l’accesso agli ospedali non è sempre possibile”.

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